Firenze sciopera anche il TAV: occupati i cantieri dell’alta velocità

Posted: Gennaio 28th, 2011 | Author: | Filed under: foto, general | Tags: , , , | Commenti disabilitati su Firenze sciopera anche il TAV: occupati i cantieri dell’alta velocità

Oggi in piazza a Firenze i sindacati di base Cobas e Cub e tantissime persone di tutte le provenienze: studenti, precari del terziario avanzato, lavoratori a nero, lavoratori con contratti a termine, con loro i centri sociali della città e i comitati contro il piano strutturale ed i cantieri dell’Altra Velocità. Oltre 2000 persone sono partite dal centro storico da piazza San Marco nonostante i divieti della Questura, hanno segnalato lungo il corteo diversi obiettivi legittimi della rabbia di chi è stanco dello sfruttamento, sui muri sono comparse scritte eloquenti contro l’ambizioso sindaco paraculo di Firenze e contro il buffone di Arcore che rimane attaccatto alla sua sedia: “Renzi: ad Arcore c’è posto” e “Berlusconi come Ben Alì”.

Cori come “Berlusconi come Ben Alì” e “Renzi, Marchionne e Berlusconi, che la crisi la paghino i padroni” hanno allietato la mattinata di sole. In corrispondenza di un autosalone Fiat ben presidiato dalle guardie sono partiti fumogeni e uova alla volta delle vetrine. Poi il corteo ha beffato la celere invadendo all’improvviso i cantieri TAV lungo la linea della stazione Santa Maria Novella. I manifestanti hanno sfondato i cancelli sotto gli occhi esterefatti della digos e un moltitudine gioiosa e determinata senza distinzioni tra studenti, lavoratori, abitanti dei quartieri, ha occupato gli infami cantieri. Il corteo dopo un ora di blocco è continuato per le vie dei quartieri di Statuto al grido di “sciopero generale” e “che la crisi la paghino i padroni”.

Non male come inizio…ci vediamo alla prossima e siamo con il cuore e con la testa vicini ai fratelli e sorelle in rivolta nel Magrheb…


Milano chiama…Roma risponde…

Posted: Gennaio 28th, 2011 | Author: | Filed under: foto, general, prassi | Tags: | Commenti disabilitati su Milano chiama…Roma risponde…


LA CASA DELLO SCIOPERO DI RENNES: “NON SIAMO TUTTI RMIsti SQUATTERS…”

Posted: Gennaio 26th, 2011 | Author: | Filed under: foto, general, il mondo in sciopero | Tags: | Commenti disabilitati su LA CASA DELLO SCIOPERO DI RENNES: “NON SIAMO TUTTI RMIsti SQUATTERS…”

La Maison de la gréve di Rennes fu occupata il 27 ottobre scorso, durante le lotte contro la riforma delle pensioni in Francia, per iniziativa dell’Assemblea Generale Interprofessionale divenendo un luogo di organizzazione delle lotte e di condivisione di progetti di vario genere tra i quali una fortunata mensa popolare. È stata sgomberata il 2 dicembre.

Articolo tratto da ” Le Mensuel de Rennes” del 10 gennaio 2011

[le domande sono state poste dai giornalisti per posta e le risposte sono state redatte collettivamente dagli scioperai della Casa dello Sciopero di Rennes]

D: Chi partecipa alla casa dello sciopero? Su quali principi funzionava la mensa?

R: Venivano dei salariati della Posta, dei ferrovieri, degli impiegati dell’ufficio delle tasse, incontrati durante il movimento contro le pensioni, degli studenti e dei precari. Le persone che si occupavano della vita del luogo erano tra le 100 e le 200: nelle commissioni, nelle azioni, nell’organizzazione dei concerti o di eventi, nelle officine, nelle istanze di decisioni. C’erano circa 70 persone a pranzo quattro volte a settimana. Per il pranzo di mezzogiorno, il contributo era fisso di due euro, per quello della sera il contributo era libero. Essenzialmente i pasti erano preparati a partire dalla produzione di agricoltori e di un panettiere che sostenevano la Casa dello Sciopero.

D: Voi dite che la casa dello sciopero è un insieme di persone che rappresentano solo loro stesse. Perchè allora piantare delle bandiere durante le vostre azioni?

R: Un certo numero di collettivi avevano delle attività nella Casa dello Sciopero in quanto gruppi (sindacati, partiti e collettivi politici, associazioni). Potete vederli nella lista delle “persone morali” che hanno manifestato il loro sostegno. in ogni caso le decisioni sono prese da delle persone non da dei gruppi, cercando l’accordo tra tutti.

D: Voi rimproverate al comune di portare avanti una politica che favorisce i più agiati. Non pensate allora che avreste potuto occupare un’altro palazzo invece che un’immobile destinato, appunto, alla salvaguardia dell’infanzia?

R: Noi abbiamo chiesto al comune di Rennes dei locali, nel pieno della lotta contro la riforma delle pensioni. Ce li ha rifiutati. Precedentemente questo palazzo accoglieva delle attività della CFDT [un sindacato francese].L’appoggio che questo sindacato ha dato alle differenti riforme delle pensioni non è sufficiente come simbolo?

D: Voi occupate delle case, vi attaccate alla rete idrica e all’elettricità, usate dei trasporti pubblici. Qualcuno di voi è studente o prende l’RMI [reddito minimo di inserzione]… Non avete l’impressione di aproffittare di quello che può offrire la collettività?

R: Noi non siamo tutti RMIsti, squatters, truffatori della metro. Molti tra noi lavorano nel privato o nel pubblico, alcuni hanno degli impieghi stabili, altri lavorano “a progetto” in alternanza con dei periodi di disoccupazione. Per altro quello che “permette” la società alla maggior parte delle persone è di sbattersi con 450 euro al mese. Il salario medio di un operaio non permette di ” approfittare” di nulla, ma semplicemente di sopravvivere. In queste circostanze l’esproprio non è semplicemente una scelta, ma una necessità. La società non “offre” mai nulla nella misura in cui ogni aiuto non è dato ma scambiato, in cambio del controllo, della pressione, etc. La domanda che ponete, in fondo, è: si può criticare qualcosa a cui si prende parte? Spero di sì. Perchè l’educazione e la sanità sono, almeno in linea di principio, gratuiti e l’acqua no? Né l’energia, né i trasporti? Non l’alimentazione? Nemmeno un funerale? Forse ne abbiamo meno bisogno? Il movimento operaio e comunista ha cercato di rispondere a queste domande, ciò ha portato nei nostri territori ai servizi pubblici gratuiti, occupando e “piratando” diverse reti noi rimettiamo queste problematiche in pratica e in crisi, direttamente. Noi facciamo una scelta, quella di dire che sì, come per molte altre cose, il denaro, come la proprietà, qui non hanno posto. Comunque noi non siamo soddisfatti della maniera in cui viviamo, sia che siamo squatters o salariati. La natura stessa di ciò che è prodotto, la maniera in cui è prodotto, la maniera in cui è ripartito, ci pone un problema. Una parte di noi lavora per fare in modo che degli altri mondi, più vivibili possano seguire all’economia capitalista. Cercando, qui e ora, di sperimentare altre maniere di produrre, di condividere, relativamente fuori dai circuiti statali o democratici. Tentiamo un doppio movimento: mettere in crisi la società attuale e sperimentare il suo superamento.

D: Le vostre azioni sono spesso dirette contro il Comune, perchè non manifestate mai davanti ai simboli dello Stato, quelli che dirigono la “politica securitaria” che voi denunciate?

R: Si manifesta anche davanti allla prefettura. Anche se è vero che durante questo movimento gli obiettivi non sono stati tanto l’UMP [Unione per il Movimento Popolare, partito di Sarkozi) o la prefettura, come succedeva durante il movimento contro il CPE [Contratto di primo impiego]. Ma in effetti non erano dirette contro il Comune. Si trattava piuttosto di bloccare “la società” (strade, stazioni, bus, centri commerciali) come stavano facendo gli scioperanti delle raffinerie e di sostenere le persone che avevano bisogno di aiuto nelle loro fabbriche.

Durante il movimento, il Comune, che avrebbe dovuto essere dalla nostra parte, dal lato di quelli che rifiutano il progetto del Governo, ha rifiutato che si mettessero degli striscioni sulla sua facciata mentre in genere ne mette per ogni tipo di campagne. Poi ci ha rifiutato dei locali. Fin qui, malgrado tutto, non ci sono state azioni contro di lui. Alla fine del movimento però ci ha sgomberato senza possibilità giuridica di difenderci, senza voler discutere con noi, distruggendo buona parte del nostro materiale con disprezzo e violenza. E’ in questo periodo che ci sono state delle azioni contro quello che ci ha fatto e contro i suoi progetti. Allo stesso tempo, infatti, il Comune porta avanti più o meno la stessa politica del Governo: chiusura di servizi pubblici locali, progetti rivolti alle classi dirigenti (Centri per i congressi,stazione, hotel di lusso), aumento della presenza poliziesca e delle telecamere di video-sorveglianza…e espulsione sistematica delle iniziative politiche chei non controlla. Noi non siamo del tutto stupidi, anche se ci stupiamo e non pensiamo che un comune “di sinistra” possa sgomberare un luogo nato da una lotta popolare alla caduta delle prime nevi.

D: Perchè l’estrema sinistra è particolarmete attiva a Rennes?

R: Non esiste una forza molto attiva a Rennes, nulla a che vedere con quello che è successo in Guadalupe o quello che sta succedendo in questo momento in Italia, in Grecia o in Inghilterra per prendere la misura di ciò che dovrebbe essere (e sarà) una forza politica veramente attiva.

Il movimento contro la riforma delle pensioni è stato un punto di svolta. Molti di quelli che prima non si incontravano mai hanno agito insieme. Delle pratiche offensive sono state riscoperte o si sono diffuse. Ma non sono qualche decina o centinaia di persone che cambieranno durevolmente il corso delle cose. Questo può succedere quando, in massa, la gente rifiuta, blocca, si ferma. Pechè non siamo stati più numerosi a bloccare? Perchè prestiamo ancora tanta fiducia alle centrali sindacali e ai partiti politici quando la loro attività è all’opposto del buon senso politico? Disperdono gli assembramenti nel momento in cui il potere comincia a vacillare, continuano a fare delle manifestazioni quando tutto indica che il potere teme le violenze di strada e la generalizzazione del blocco economico, propongono dei negoziati quando il rigetto di ogni collaborazione alla riforma è sempre stato chiaro. Si potrebbe dire che l’estrema sinistra sarà veramente attiva il giorno in cui la sua azione avrà una conseguenza sul resto del mondo. Il giorno in cui il Comune ( o il Governo) dovrà rivedere i suoi piani in seguito alle sue iniziative. Non siamo ancora a questo punto.


Primo comunicato della Casa dello Sciopero di Milano, via de Amicis 16

Posted: Gennaio 26th, 2011 | Author: | Filed under: general, prassi, theoria | Tags: | Commenti disabilitati su Primo comunicato della Casa dello Sciopero di Milano, via de Amicis 16

Prima assemblea, prima notte

Ieri martedì 24 gennaio alle ore 17:30 è stata aperta la Casa dello Sciopero di Milano.
Gli occupanti si sono subito divisi in gruppi per allestire il posto, portare viveri e assicurarne la difesa.
Alle ore 21:30 ha avuto luogo un’assemblea aperta a cui hanno partecipato occupanti e sostenitori del posto. Si è deciso di andare a incontrare gli scioperanti dell’ATM nei vari depositi durante la giornata di oggi (mercoledì 26). Vari compagni hanno riportato i contatti in corso con altre realtà che si preparano allo sciopero del 28, le quali sono state tutte invitate a passare alla Casa dello Sciopero, per partecipare alle sue attività e proporre iniziative.
Tanti compagni sono rimasti a dormire nel posto, determinati a difenderlo in caso di sgombero.

Programma per oggi

Oggi mercoledì 26, la giornata è iniziata con una colazione davanti al posto, dalle ore 7:30 in poi. Volantinaggio, discussioni, e tanti sorrisi sulle facce dei passanti che vedevano per la prima volta un po’ di vita in una zona ormai quasi completamente colonizzata dalla merce e della sua logica di profitto.
Alcuni occupanti sono andati nei depositi ATM, mentre altri stampavano nuovi volantini e manifesti o preparavano nuovi striscioni.
Questo pomeriggio, l’Assemblea Metropolitana, che da più di tre mesi si incontra in Statale e che recentemente è stata ribattezzata Assemblea per lo Sciopero, avrà luogo nella Casa dello Sciopero. Tutti quelli che hanno voglia di organizzarsi per la giornata del 28 e oltre sono invitati a parteciparvi.

Suggestioni dall’estero

Questa idea della Casa dello Sciopero non è emersa dal nulla. In Spagna (settembre), in Francia (ottobre) e in Portogallo (novembre) sono stati aperti dei luoghi simili prima o durante i grandi scioperi dell’autunno. Due giorni fa è stata sgomberata la Nuova Casa dello Sciopero di Barcellona. La polizia catalana ha dovuto caricare il presidio che si teneva davanti per poter entrare e fare uso della forza contro i 418 occupanti. Nonostante questa sconfitta temporanea, i compagni di Barcellona ci fanno sapere che il morale è alto e che la voglia di continuare sulla stessa strada è forte.
Nonostante le loro differenze, tutte queste Case dello Sciopero che appaiono in Europa hanno un punto in comune. Si pongono la stessa domanda: come continuare lo sciopero oltre la giornata simbolica di sciopero generale? Come rendere lo sciopero permanente? Le risposte si stanno trovando poco a poco tramite queste esperienze. I compagni catalani avevano pubblicato un giornale intitolato Qual è il tuo sciopero? in cui pensavano alle forme possibili di sciopero in un mondo dove il lavoro ha conquistato tutti gli aspetti dell’esistenza, a un punto tale che non si riesce più a discriminare tra i momenti in cui lavoriamo e i momenti che sono ancora nostri. Perché tutto il nostro essere è stato messo al lavoro. Cosi si crea profitto, cosi siamo sfruttati fino ai livelli più intimi delle nostre esistenze: trasformando in valore la vitalità, l’energia, l’imprevedibilità dell’esistenza umana. Dobbiamo prendere in considerazione tutte queste forme di lavoro diffuso, e (ri)trovare modi per bloccarle. Dobbiamo anche considerare come la condizione operaia sia cambiata: i posti di lavoro in cui si è sempre più isolati, le forme aziendali in cui una contestazione tradizionale di tipo sindacale è completamente inefficace, il declino della solidarietà dovuto all’atomizzazione rampante delle singolarità, la messa in concorrenza della parte dei padroni e dei politici tra mano d’opera nata in Italia e mano d’opera immigrata, etc. A chi vede i limiti della forma tradizionale dello sciopero, a chi non crede più nelle favole dei vari sindacati e partiti politici, diciamo: venite a trovarci alla Casa dello Sciopero e vediamo di combinare qualcosa insieme!

Per trovarci:
via de Amicis, 16
MM2 Sant’Ambrogio / Bus 94 / Tram 3, 14


Manifesto della Casa dello Sciopero di Milano

Posted: Gennaio 26th, 2011 | Author: | Filed under: general, theoria | Tags: | Commenti disabilitati su Manifesto della Casa dello Sciopero di Milano

un punto d’incontro per andare oltre lo sciopero generale

La Casa dello Sciopero di Milano è un mezzo a disposizione di chi vuole usarlo.
E’ aperta nella misura in cui vuole rendersi raggiungibile.
E’ illegale nella misura in cui vuole essere efficace, determinata.

Idee, strumenti, strategie ed azioni sono alla base della sua costruzione. La Casa dello Sciopero non è uno centro sociale né uno squat. Esisterà finché ce ne sarà bisogno, finché finalmente non verrà superata.

Abbiamo bisogno di occupare perché necessitiamo di un luogo dove poter affinare tecniche e scambiarsi saperi in vista dello sciopero del 28. Squarciando il ritmo metropolitano diamo tempo e spazio per organizzarsi al di fuori del 28, in vista di uno sciopero o della fine di esso, per andare oltre.

1. Se il lavoro è ovunque, lo sciopero deve farsi diserzione

Considerando il destino della nostra esistenza, lo scatenamento totale di energia e la disciplina spietata a cui essa è sottomessa, le regioni intere immerse nel fumo e illuminate dalle ciminiere, le città dove si accumulano milioni di esseri, intuiamo con sgomento che non c’è più ormai nessun atomo estraneo al lavoro e che siamo tutti dedicati a questo processo frenetico. L’aspetto più importante di questa mobilitazione totale non è quello tecnico ma quello della disponibilità ad essere mobilitati.

La metropoli, momento storico in cui coincidono il massimo della circolazione con il massimo del controllo, mondo di flussi, di quantità, di variabili, è la nostra condizione. Il processo di metropolizzazzione non è tanto un cambiamento urbanistico, ma sopratutto una rivoluzione antropologica. Il campo di battaglia è il nostro proprio essere. La metropoli vince ogni volta che ci consideriamo noi stessi e i nostri simili dal punto di vista economico.

E’ proprio perché non abbiamo ancora preso la misura di questa rivoluzione che continuiamo ad agire politicamente in un modo inadatto all’epoca che viviamo. E’ per questo che tutte le forme politiche della politica classica, compreso lo sciopero generale sono destinate a fallire. E’ per questo che si sta inventando, sotteraneamente, dappertutto nel mondo, lo sciopero metropolitano.

2. Distruggere il mito dello sciopero generale, attuare lo sciopero metropolitano

Lo sciopero generale è innanzitutto un mito, uno dei miti fondatori della sinistra. La classe dei produttori che smette di produrre, abbattendo cosi la classe degli sfrutattori. Gli operai che ballano nelle fabbriche occupate. Lo sciopero generale è sempre più un’immagine, sempre più lontana e sfuocata. Non è il momento di averne nostalgia. Invece, è il momento di smettere di credere a questa favola e di volgere lo sguardo a tutte le forme di sciopero attuali che covano sotto l’apparente sconfitta del movimento operaio.

Nel vissuto quotidiano si aprono e si richiudono numerose crepe, momenti di sciopero diffuso in cui prendiamo il sopravvento sulla metropoli; comportamenti spontanei che la polizia identifica e isola come forme irregolari, illecite, illegali. Riprodursi e isolarsi in un ruolo specifico, essere studenti, essere lavoratori: rifiutando questo, lo sciopero prende la forma di una diserzione.

Non pagare il biglietto, marinare la scuola, mettersi in malattia, prendersi la merce, coprire chi se la prende; lo sciopero è centrale in ogni atto che ci rivela contro la metropoli. Le crepe aperte devono tardare il più possibile a richiudersi, possibilmente mai. Per questo si rende necessario la presenza di un luogo in cui poter costruire continuità e potenza in ogni atto scioperante. Un’occupazione che sia essa stessa un’intreccio di relazioni e di vissuto comune scioperante.

3. Non vogliamo soltanto smettere di lavorare, vogliamo che non ci sia più lavoro

Il nostro compito non è tanto di scoprire la nuova forma dello sciopero ma piuttosto quello di raccogliere tutte le pratiche che sono rimaste nell’angolo morto del movimento operaio classico. Non considerare più il nostro passato, la tradizione delle lotte, come una somma di memorie da preservare, da studiare o da dimenticare ma ritrovare le potenze storiche che non sono state attuate, perché niente di ciò che ebbe mai luogo è perso per la storia.

Non odiamo ciò che produce questo mondo, odiamo il fatto che vediamo ormai tutto il mondo come prodotto. Uscire dal punto di vista della produzione non significa solo andare oltre lo sciopero della produzione materiale e colpire anche la riproduzione, la circolazione, l’ideologia o il linguaggio. Perciò lo sciopero metropolitano è di chi rifiuta di definirsi a partire dal suo ruolo dentro (o fuori da) il rapporto di produzione.

Non c’è più nulla da rivendicare, non c’è più nulla da criticare, non c’è più nulla da rimproverare ai padroni o ai politici. Scioperare deve di nuovo essere considerato come un atto positivo, come l’invenzione di un tempo nostro al di là del tempo storico, come il ritorno di ciò che il lavoro sospende sempre: il dispiegamento della nostra propria attività, della nostra propria essenziale inoperosità.

4. Una politica all’altezza dell’assenza di opera dell’uomo

È necessario comprendere il carattere attivo e pratico dell’inoperosità, concetto che è facile da criticare per la sua presunta tendenza all’immobilismo, soprattutto in chiave politica. L’inoperosità, al contrario, si inserisce in un ampio contesto di disattivazione dell’economia, di riconsiderazione del valore della produttività, valore che nella nostra società sembra non essere mai messo in discussione, neanche dalla critica comunista al pensiero capitalista.

Lo sciopero permanente ci fa divenire inoperosi e ci apre alla potenza della prassi. Il paradigma dell’inoperosità è la festa: durante la festa gli uomini devono astenersi da qualsiasi attività. Proprio l’elemento della finalità produttiva è decisivo. Ciò che si fa nella festa non è, di fatto, diverso da ciò che si compie ogni giorno; ciò che si fa viene però reso inoperoso, viene dis-fatto, liberato e sospeso dalla sua “economia”, dalle ragioni e dagli scopi che lo definiscono nei giorni feriali (il non fare è, in questo senso, solo un caso estremo di questa sospensione). Se si mangia, non lo si fa per assumere cibo; se ci si veste, non lo si fa per coprirsi o ripararsi dal freddo; se si veglia, non lo si fa per lavorare; se si cammina, non è per andare da qualche parte; se si parla, non è per comunicarsi delle informazioni; se ci si scambiano oggetti, non è per vendere o per comprare.

Milano, il 25 gennaio 2011


Manifesto 28 gennaio

Posted: Gennaio 25th, 2011 | Author: | Filed under: foto, general, theoria | Tags: | Commenti disabilitati su Manifesto 28 gennaio


Io sciopero

Posted: Gennaio 25th, 2011 | Author: | Filed under: general, prassi, theoria | Tags: | Commenti disabilitati su Io sciopero

Tu scioperi

Lei sciopera, Lui pure

Noi vi scioperiamo

Voi siete stati scioperati

Loro scioperano ovunque

Il verbo scioperare è d’ora innanzi transitivo.

Scioperiamo le scuole: facciamo sparire i registri, bruciamo in massa i libretti delle giustifiche, scioperiamo il preside sigillando il suo ufficio.. disertiamo la noia delle aule e diamoci a pazza gioia nelle strade.. In molti tra i prof , come ringiovaniti in un giorno,saranno disposti a seguirci nel nostro errare senza voti né debiti, ma con compiti ben precisi di sabotaggio e di blocco. Ah che magnifica lezione ragazzi, oggi si studiano le barricate..

Scioperiamo le facoltà: la didattica paralizzata, gli esami saltati, i dipartimenti barricati impietosamente dai terminali elettronici destinati a nuovo uso. Gli uffici dei baroni diventano atelier per tutto quello di cui c’è bisogno. I baroni rincasano  petulanti e si indignano al telefono con il questore, che in quel momento ha ben altre gatte da pelare.      I laboratori si fanno officine e il rettorato un hotel di lusso. le lezioni ce le facciamo tra di noi. Chiunque ha qualcosa da insegnare lo mette a disposizione di chiunque lo voglia imparare. Qui discutono di fonti orali per la storia contemporanea, là di un possibile diritto nel tempo dell’abolizione di ogni codice penale. Guarda ci sono dei tizi che stanno progettando  qualcosa, ah sono della facoltà di ingenieria.. In quell’aula grande ci sono dei ragazzi che confezionano molotov, loro forse sono di chimica. In quell’altra si organizzano i turni di guardia, di cucina, di pulizia.. insieme a noi ci sono i lavoratori dell’università, in sciopero anche loro, e pure qualche sparuto, coraggioso,professore. Oggi le divisioni si superano una volta per tutte.   E li? Ah, qui ci sono una 20na di corpi che si rotolano confusi, ah però.. se la spassano proprio sti insorti.. e quello?? Si gongola tutto nudo tra le tette della sua procace collega di corso, mentre mette in bella mostra la toga in porpora e ermellino del Magnifico Rettore … chissà lui che brutta fine ha fatto!!

Scioperiamo le banche: le vetrine divelte, l’arredo ribaltato e messo in fiamme in mezzo alla strada. Cerchiamo intorno a noi qualche impiegato di filiale. Si proprio loro, quei “vincenzi” stressati e incravattati che ci propinano pacchetti di investimenti con sorrisi smaglianti, che vanno in palestra col suv e leccano di brutto il culo per fare carriera. Li cerchiamo ma non ne vediamo nemmeno uno. Vabbè, anche i sogni hanno dei limiti. Il contenuto dei forzieri, prontamente sventrati da abilissimi saldatori dei trasporti pubblici riconvertiti a Lupin del popolo, viene distribuito tra la folla.Casse comuni per la rivoluzione . Ecco che qualche impiegato ai gradini più bassi della gerarchia comincia a farsi vedere. Ma ora chi li distingue più dal resto della folla. Pace alla buona anima dei feticisti della proprietà privata. Noi vogliamo tutto per tutti. Subito.

Scioperiamo i supermercati: la sorte che tocca ipermercati, centri commerciali e gallerie di moda è pressoché identica a quella delle banche. Solo che qui è molta di più la gente che si serve del gozzo banchetto. Aspe’.. ma quella vecchina con un prosciutto in braccio l’ho già vista .. aaa è la stronza del piano di sotto.. minchia.. eppure sembrava sempre così depressa.. guardate come sgambetta.

Scioperiamo le fabbriche, gli uffici,le stazioni, i treni le metrò e i tram. Blocchiamo strade e flussi .Usciamo  dall’immobilismo della situazione bloccando tutto quello che ci rende freneticamente mobili. Occupiamo lussuose ville, espropriamo tutti i mezzi di cui abbiamo bisogno. Scioperiamo le sedi dei giornali, quelle inutili fabbriche di cazzate. Così forse faremo tutti uno sforzo per aprire gli occhi sulla realtà, senza chiuderli mentre dei cantastorie ce la romanzano.

Scioperiamo la metropoli in tutta la sua larghezza, lunghezza e profondità.

Scioperiamoci. Scioperatevi. Scioperiamo tutto tutti.

A QUESTO PUNTO E’NECESSARIO NOMINARE I GRANDI ASSENTI: POLIZIA, CARABINIERI, FUNZIONARI, LEGHISTI INFEROCITI, CITTADINI- PER- L’ORDINE-E- LA- DISCIPLINA, MILIZIE IMPERIALI VARIE.

A VOI LA SCELTA: A NOI FAREBBE SENZA DUBBIO PIACERE RIMANERE STUPITI, E VEDERVI PER UNA VOLTA, SCIOPERARVI PURE VOI. NESSUN RANCORE SE CI AFFIANCHERETE NEI SACCHEGGI, NELLE BARRICATE, NELLE FESTE E NELLE ORGE POST-INSURREZIONALI. SE VI SERVE UNA MANO PER SCIOPERARE I VOSTRI UFFICIALI CON UNA RAFFICA ALLA SCHIENA CHIEDETE PURE. NOI CI SAREMO. RICORDATEVI CHE PER VOI COME  PER TUTTI, LO SCIOPERO E’ UN ATTO DI DISERZIONE.

MA SE INVECE RIMARRETE NEI RANGHI. SE VI MANTERRETE I GUARDIANI DI UN ORDINE CHE NON C’E’. SE VOLGERETE I VOSTRI FUCILI CONTRO IL VOSTRO POPOLO E DARETE IL CULO AL POTERE. SE VI CONFERMERETE SERVI NON-SCIOPERABILI. BEH.. IN QUESTO CASO VI CONSIGLIAMO DI USARE TUTTA LA VOSTRA BRUTALITA’, PERCHE’ NOI NON ESITEREMO A  PASSARVI SOPRA COME TRATTORI OGNI VOLTA CHE AVREMO LA FORZAPER FARLO.

Comitato per lo sciopero generalizzato umano irreversibile  insurrezionale che viene